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sabato 25 maggio 2013

Books Review

L'uomo che sussurrava ai cavalli


AUTORE: Nicolas Evans
EDITORE: Bur 
PUBBLICAZIONE: 1995
TRAMA: Grace Maclean è una giovane ragazzina, residente a New York con i genitori, che è rimasta traumatizzata a causa di un tragico incidente, nel quale ha perso quasi tutto: la migliore amica, il suo amato cavallo e un arto. In seguito a lungo e struggente periodo di riabilitazione, Grace ritrova una flebile fiducia in se stessa, ma il vero grande problema che la turba è un altro: odia Pilgrim, il suo vecchio amico fedele che proprio nel momento del bisogno l'aveva abbandonata. Alla madre, un'impegnatissima giornalista, piange il cuore all'idea di far sopprimere la maestosa bestia e si adopera al meglio in cerca di una soluzione. Essa riesce a trovare un uomo noto per la straordinaria capacità di sussurrare ai cavalli: Tom Booker. Madre e figlia intraprendono un lungo viaggio nel Montana che scombussolerà la vita di entrambe ma al tempo stesso le farà crescere e avvicinare. Una romantica storia d'amore nascerà tra Annie, madre di Grace, e il misterioso sussurratore; ma non tutti gli amori terminano con un "e vissero felici e contenti", e in particolar modo questo perché una terribile tragedia stroncherà la vita di Tom. Gli unici segni che quest'ultimo lascerà di se sono il grande amore per Annie, che si trasformerà in una creaturina nel ventre della donna, e il grande dono che ha ceduto a Grace e a Pilgrim. Tornate a New York una nuova vita le attende, garanti di una consapevolezza che  le accompagnerà per sempre.



"Ascolta. Il battito del cuore. Il richiamo degli animali. Il respiro della natura. La voce dell'anima. L'amore che fa vibrare il mondo."



"Tutto era cominciato con la morte e con la morte si sarebbe concluso. Ma se in quel mattino così infausto fosse stata proprio l'ombra fuggevole di un presagio ad attraversare i sogni della ragazzina e a svegliarla, lei non l'avrebbe mai saputo. Tutto ciò di cui si rese conto nell'aprire gli occhi fu che il mondo appariva in qualche modo diverso."




Sara

lunedì 24 dicembre 2012

Review n° 2



Il linguaggio segreto dei fiori
di Vanessa Diffenbaugh


"Non mi fido come la lavanda. Mi difendo come il rododendro. Sono sola come la rosa bianca, e ho paura. E quando ho paura, la mia voce sono i fiori."
TRAMA
Victoria ha paura del contatto fisico. Ha paura delle parole, le sue e quelle degli altri. Soprattutto ha paura di amare e di lasciarsi amare. C'è solo un posto in cui tutte le sue paure sfumano nel silenzio e nella pace: è il suo giardino segreto nel parco pubblico di Protero Hill, a San Francisco. I fiori, che ha piantato lei stessa in questo angolo sconosciuto della città, sono la sua casa. Il suo rifugio. La sua voce. Proprio attraverso il loro linguaggio Victoria cominica le sue emozioni più profonde. La lavanda per la diffidenza, il cardo per la misantropia, la rosa bianca per la solitudine. Perchè Victoria non ha avuto una vita facile. Abbandonata in culla, ha passato l'infanzia a passare da una famiglia adottiva a un'altra. Fino all'incontro, dreammatico e sconvolgente, con Elisabeth, l'unica vera madre che abbia mai avuto, la donna che le ha insegnato il linguaggio segreto dei fiori. E adesso, è proprio grazie questo magico dono che Victoria ha preso in mano la sua vita: ha diciotto anni ormai, e lavora come fioraia. I suoi fiori sono tra i più richiesti della città, regalano felicità e curano l'anima. Ma Victoria non ha ancora trovato il fiore in grado di rimarginare la sua ferita. Perchè il suo cuore si porta dentro una colpa segreta. L'unico in grado di estirparla è un ragazzo misterioso che sembra sapere tutto di lei. Solo lui può lavare quel peso dal cuore di Victoria, come spine strappate a uno stelo. Solo lui può prendersi cura delle sue radici invisibili. Solo così il cuore più acerbo della rosa bianca più diventare rosso di passione.
EDITORE: Garzanti
PRIMA EDIZIONE: maggio 2011

... dal dizionario di Victoria

Acacia: amore segreto

Amarillide: orgoglio

Basilico: odio

Buganvillea: passione

Calendula: dolore

Gardenia: raffinatezza







lunedì 17 settembre 2012


                                          

Felicità


DEFINIZIONE
Condizione di letizia, gioia, soddisfazione relativa alla propria situazione nel mondo.

SINONIMI
Contentezza, compiacimento, gioia, delizia,soddisfazione.
*Da distinguersi dalla beatitudine che è ristretta alla sfera religiosa o contemplativa.

Il concetto di felicità è umano e mondano. 

...nell'antica Grecia


Talete riteneva saggio e quindi felice:
"Colui che ha un corpo sano, buona fortuna e un'anima bene                                                       educata"
Secondo Democrito la felicità era:
"la misura del piacere e la proporzione della vita"
Per Aristippo la felicità consisteva nell'insieme dei piaceri, tesi altamente contraddetta da Platone. Secondo quest'ultimo la felicità doveva essere strettamente connessa con l' aretè (virtù), intesa come la capacità dell'animo di adempiere al proprio compito ossia dirigere l'uomo nel modo migliore.

Aristotele sottolineò il carattere contemplativo della felicità, parlando quindi di beatitudine. Egli riteneva che la felicità includesse la soddisfazione dei bisogni e le aspirazioni mondane. Rendendo più accessibile questo stato di gioia ai saggi. 

Nell'etica post-aristotelica viene evidenziata la felicità del saggio, il quale viene visto come colui a cui basta se stesso. Trovando quindi piena soddisfazione in sè.

Nell'ottica di Plotino, la gioia complessiva coincide con la stessa vita; in particolar modo con il grado più elevato, completo e perfetto di essa, ossia quella basata sull'intelligenza pura e la saggezza. Questo senso di appagamento del saggio non può ne aumentare ne diminuire, in quanto tale stato è da identificare come la beatitudine di cui godono gli dei.


...nella filosofia moderna

A partire dall'Umanesimo la soddisfazione assoluta viene associata al piacere, come accadeva ai tempi di Epicuro. 

Nel settecento Kant riteneva che la felicità facesse parte esclusivamente del sommo bene. Peccato che il bene per eccellenza non potesse esistere sulla terra ma solo in un mondo intelligibile. 

In Inghilterra, nonostante ciò, partendo da Hume e continuando con Bentham cominciava a cambiare l'idea di felicità. Essa infatti riprendeva, alla base della morale, la formula di Beccaria: "la massima felicità possibile nel maggior numero possibile di persone".

Infine Russell, in un libro di carattere popolare, espresse il suo pensiero a proposito della felicità; associandola oltre che alla tradizionale idea anche alla molteplicità degli interessi e sia ai rapporti con le cose sia ai rapporti interpersonali. Codesta definizione si dissocia completamente con l'ideologia degli antichi. 





DAL LATINO

  • Perifrasi mediante l'aggettivo beatus, a, um per indicare piena soddisfazione;
  • felicitas, atis.


La felicità per me!
Secondo me alla base della felicità c'è la soddisfazione personale che dipende da noi stessi. Una volta che riusciamo a trovare l'equilibrio psicofisico, che riesce a toglierci ogni preoccupazione o fastidio, la strada che conduce alla "salvezza" e dritta davanti a noi.
Per raggiungere lo stato di contentezza e gioia da noi acclamato abbiamo bisogno di diversi ingredienti fondamentali come l'amore, l'amicizia, la libertà, uno scopo nella vita lavorativa e privata, una buona istruzione, un pizzico di autoironia,una concreta sicurezza in noi stessi,e l'abilità di riflettere su ciò che si intende fare (ma non troppo!!!).
A mio parere un ipotetico sinonimo di felicità potrebbe essere serenità.


"Credevo che la felicità fosse sempre domani,e poi domani e domani ancoraForse essa è qui.Forse essa è ora.E io ho guardato in qualsiasi altro luogo."
                                                                                                                   Osho 


La felicità non si trova stando soli!

Sara